Queste definizioni le dobbiamo al suo inventore:
S. H. FOULKES (1898 – 1976)
La psicoterapia gruppo-analitica è indicata laddove è indicata la psicoterapia. Essa però va preferita in tutte le situazioni di disagio psicologico legate a problematiche relazionali antiche (familiari) e attuali (ambiente lavorativo, conflitti interpersonali, ritardi di autonomizzazione, rapporti familiari e/o di coppia, ecc.).
E’ da preferirsi alla psicoterapia individuale ogniqualvolta il disturbo psicopatologico riconosce origini nelle dinamiche di rapporto interpersonale.
In molte manifestazioni di dipendenza sia in campo familiare, che in quello di coppia, così pure come quelle che si innescano nell’ambito lavorativo. I pazienti spesso manifestano disturbi che essi attribuiscono ai sintomi, senza rendersi conto dei problemi che li hanno prodotti. Pensiamo ai disturbi alimentari, legati molto spesso a forme di dipendenza dai genitori e alla difficoltà di autonomizzarsi dagli stessi.
Per altri soggetti che lamentano una serie infinita di insuccessi in campo sentimentale, sarà utile aiutarli ad acquisire capacità di relazionarsi con gli altri in modo più adulto e maturo. Anche a monte dei sintomi connessi con i disturbi della sessualità è frequente scoprire problematiche relazionali e non biologiche. In tutti questi casi la terapia di gruppo propone modalità relazionali che non possono essere riprodotte in un setting duale quale è quello della terapia individuale.
La psicoterapia non è il luogo dove si raccontano le esperienze della propria vita, ma deve essere il luogo dove si sperimentano nuove modalità di relazioni interpersonali e si acquisiscono modelli comportamentali da esportare poi, all’esterno, nella vita di tutti i giorni.
Più che il parlare conta lo sperimentare il provare emozioni, capire e acquisire nuove capacità di insight”. Nella terapia di gruppo, inoltre, proprio per la costante presenza del terzo ( gli altri pazienti, o lo psicologo conduttore ) si viene a realizzare sempre una situazione relazionale triangolare simile a quella familiare, che, come spesso riscontriamo, può essere stata, anche se involontariamente, responsabile dei problemi attuali. Inoltre, per un processo inconscio di identificazione proiettiva, ciascun paziente mette alcune parti di sé, rimosse, nell’altro, così da poterle incontrare e imparare a gestirle, come se appartenessero davvero all’altro, per poi riprendersele, come parti proprie, finalmente accettate e integrate nella sua parte consapevole.
Ci sono poi anche tante occasioni di apprendimento di esperienze fatte “sulla pelle degli altri” con la conseguente acquisizione di modelli comportamentali da sostituire a quelli carenti derivati dall’educazione familiare.
Va anche valorizzata l’esperienza di condivisione di una sofferenza che fino ad ora si era costretti a relegare nell’intimo del proprio io, non ritenendola accettabile dagli altri, e accorgersi che invece era familiare a molte altre persone simili a noi.
C’è infine la piacevole esperienza della condivisione affettiva che sostiene in quanto tale, fine a se stessa, che rappresenta per molti soggetti un accogliente e caldo contenitore, capace di dare il coraggio di osare e rischiare per ottenere quei cambiamenti indispensabili per un vero miglioramento della propria esistenza. Il gruppo a conduzione gruppo analitica, in quanto luogo eletto di scambio, offre ai soggetti che vi partecipano una duplice possibilità: quella di essere aiutati, e quella di aiutare gli altri, cioè il ruolo di pazienti e contemporaneamente quello di psicologi.
Questa condizione stimola grandemente il livello di responsabilizzazione di ciascuno e lo spinge ad assumere ruoli adulti fortemente responsabilizzanti. La capacità di essere aiutati nella misura in cui si è disposti ad aiutare gli altri è alla base di ogni rapporto di scambio tra adulti. Una volta sperimentata e acquisita, questa abilità, viene messa a disposizione non solo del soggetto ma anche delle persone che con lui interagiscono abitualmente al di fuori del gruppo (famigliari, colleghi, amici,ecc.)
I soggetti richiedenti tale forma di psicoterapia, vengono accuratamente selezionati dal medico-psicologo, in base alle loro caratteristiche di personalità, tenendo conto della loro sintomatologia, e delle problematiche che sono a monte della stessa. Nella composizione di un gruppo devono essere vagliate anche altre caratteristiche essenziali, quali l’età dei soggetti, la loro provenienza, il loro livello di istruzione, la disponibilità a mettersi in discussione, la capacità di rispettare le regole che lo svolgimento di questa terapia richiede (setting).
Foulkes sosteneva che, in un trattamento gruppoanalitico, un certo nomero di soggetti, sapientemente assortiti e selezionati da uno psicologo esperto, e sotto la sua guida attenta e discreta, è in grado di sviluppare una capacità terapeutica nei confronti di ciascuno di se stessi, nei confronti di tutti gli altri, singolarmente presi, e nei confronti di tutto il gruppo, nel suo insieme, ivi compreso il conduttore.
Questa concezione di carattere “psicomaieutico” spoglia lo psicologo conduttore del suo ruolo di artefice del processo curativo e lo trasferisce sul gruppo che per questo motivo diventa il protagonista della terapia. Lo, psicologo conduttore, si limita ad esercitare le funzioni di “catalizzatore” di questa originale e innovativa azione terapeutica.
A cura del Dott. Giorgio Baldoni di Foligno
Per conoscere meglio il funzionamento di un procedimento gruppoanalitico puoi approfondire nel promemoria informativo sulla terapia gruppoanalitica (file PDF).